note biografiche:
Jean Pierre Marie (Parigi, 4/8/1948) dedica la vita con passione alla medicina e, quando ha potuto, alla creazione artistica. Ha seguito una formazione nella famosa scuola “Le Lavoir” a Clamart (Parigi), dove ha appreso tutte le tecniche ceramiche e ha orientato le sue creazioni artistiche verso la ceramica. Vivendo a Sèvres (il centro della ceramica francese), ha stretto amicizia con molti ceramisti e, insieme alla moglie, colleziona opere in ceramica artistica. Da nove anni lo affascina il lavoro dell’arenaria e dello smalto, in particolare in multistrato ad alta temperatura (1250°C). Da tre anni lavora nello studio attiguo a casa sua, dividendosi tra medicina e arte. Ha esposto nella città di Sèvres nel 2021 (Porte aperte degli artisti di Sèvres) e nel 2022 (Terres de Sèvres). Ha accettato la sfida di affrontare una nuova tecnica, il graffito polistrato, che considera una forma al confine tra scultura e pittura.
note sull’opera:
Questa poema descrive l’incontro del poeta-contadino col mondo della città
« Ho perduto la schiavitù contadina,
non mi farò più un bicchiere contento,
ho perduto la mia libertà.
Città del lungo esilio
di silenzio in un punto bianco dei boati,
devo contare il mio tempo
con le corse dei tram,
devo disfare i miei bagagli chiusi,
regolare il mio pianto, il mio sorriso.
Addio, come addio? distese ginestre,
spalle larghe dei boschi
che rompete la faccia azzurra del cielo,
querce e cerri affratellati nel vento,
pecore attorno al pastore che dorme,
terra gialla e rapata
che sei la donna che ha partorito,
e i fratelli miei e le case dove stanno
e i sentieri dove vanno come rondini
e le donne e mamma mia,
addio, come posso dirvi addio?
Ho perduto la mia libertà:
nella fiera di luglio, calda che l’aria
non faceva passare appena le parole,
due mercanti mi hanno comprato,
uno trasse le lire e l’altro mi visitò.
Ho perduto la schiavitù contadina
dei cieli carichi, delle querce,
della terra gialla e rapata.
La città mi apparve la notte
dopo tutto un giorno
che il treno aveva singhiozzato,
e non c’era la nostra luna,
e non c’era la tavola nera della notte
e i monti s’erano persi lungo la strada »