note biografiche:
Lea Lequien (Francia, 1954) si forma artisticamente a Dakar, NewYork, New Dellhi. Si diploma a Parigi, all’Ecole des Cadres, e all’Ecole de Commerce. La sua capacità artistica è di essere duttile verso i progetti, attenta al loro sviluppo fino alla messa in opera. Negli anni Ottanta e Novanta ha fatto parte dell’Agenzia di pubblicità Roux, Seguela, Cayzac & Goudard. Dagli anni Duemila ad oggi, si occupa di agenzie e di pubbliche relazioni per architetti e disegnatori. È direttrice dell’agenzia Identitè visuelle, creatrice di parchi turistici in Francia, Belgio e Lussemburgo. Si è specializzata per quasi 40 anni in missioni di comunicazione territoriale, contribuendo alla valorizzazione di regioni e territori, in Europa, Africa, Cina, America centrale. Con una galleria workshop ai piedi dei Pirenei accompagna gli artisti con illustrazioni, schizzi, disegni, compila diari, che realizza per luoghi che accolgono il pubblico (aziende vinicole, librerie …). Attualmente, con Jean Pierre Duriez, da vita alla Maison de Lea. Non pretende di essere un artista, solo possiede un buon tratto di matita e un buon senso di osservazione. Si descrive come un’illustratrice, una “scricchiolatrice” di sentieri vuoti… e talent scout.
note sull’opera:
Arrivando a Montemurro, invitata alla Scuola del graffito, non conoscevo niente, né della regione, né del paese, né della storia legata a queste persone, neanche la materia con la quale avrei dovuto lavorare. L’idea del disegno che avevo in testa, a seguito della lettura dei documenti che mi avevano fornito per arrivare fino a questa avventura, non corrispondeva per niente con le sensazioni che io avevo intuito scoprendo il paese, i suoi abitanti, i suoi dintorni.
Ho cercato un’ispirazione, un simbolo che potesse esprimere il legame che univa le famiglie, gli intellettuali e gli illustri artisti che avevano frequentato questo paese fino a coloro che sono oggi presenti alle iniziative della scuola, e animatori del Centro Culturale di Montemurro.
All’ora della siesta faceva caldo e io avevo la fortuna di avere una machina e una grande curiosità. Ho cominciato a gironzolare tutto intorno, sono salita a vedere i paesi di Armento, San Martino d’Agri, Aliano…
Ho guardato intensamente la durezza delle terre aride e montagnose della Basilicata, di queste terre, a volte terre d’esilio. Ho camminato nei villaggi costruiti ai bordi di strapiombi e calanchi. Ho compreso il valore della storia, le tracce del tempo che passa e di ciò che viene lasciato all’abbandono. Lungo tutte le piccole strade legate ai miei percorsi notavo nella luce dell’estate le erbe, le piante secche, fragili, e superbamente allineate ai bordi dei precipizi.
Ho capito che erano queste le grandi “erbe persistenti”, le testimoni di tutti i nostri andirivieni ai lati dei sentieri e delle strade fin dalla notte dei tempi. Allora ne ho fatto dei mazzi di fiori li ho deposti sul pavimento dell’”atelier” e li ho presi come modelli.