Paolo Bini, “Presagio di visioni”, 2014

42 - P.Bini 2014

note biografiche:
Paolo Bini (Battipaglia, 1984) si è diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Principali e recenti personali: 2014 Paintings on Tape, Casa Turese, Vitulano, Benevento; Altri viaggi, Casa Ariosto, Ferrara; Contaminazioni (con Donald Baechler) Nicola Pedana, Caserta; 2013 Brink of the Ocean, Provenance House, Cape Town, Sud Africa; Kalodiki, CerrutiArte, Genova; Assenza di colore in sospensione, Plesso Mattioli,  Siena. Nel maggio del 2010 realizza un’installazione nel cortile di Palazzo Bianco a Genova, successivamente per la  XIII Settimana della Cultura Italiana a La Habana, Cuba, realizza una nuova installazione site-specific nel Museo di San Francesco d’Assisi dal titolo Un Proyecto Espècifico. Sempre nel 2010 vince una borsa di studio presso il GRAD-Kultural Center di Belgrado, Serbia. Nel 2012 espone alla mostra Verticalità a Sala Dogana, Genova e successivamente al Museo – CAMeC di La Spezia. Nel 2011 è invitato con l’opera dal titolo Lefkada (ispirata alla Grecia) alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione Campania, successivamente è invitato alla XIV Bienal Guadalupana, presso l’Universidad Ibero Americana di Guadalupa, Messico. Di recente le partecipazioni a SETUP Art Fair, Bologna; ARTour-o, Firenze; Premio Zingarelli, (Rocca delle Macìe, Castellina in Chianti, SI) al Premio Griffin (Fabbrica del Vapore, Milano) MiArt, Milano e al Premio Celeste (Assabe-one, Milano). Attualmente sta lavorando all’organizzazione degli spazi del suo nuovo studio sulla strada per la Valle dei Templi.

note sull’opera:
La tecnica del graffito polistrato mi ha rivelato un forte senso di mistero durante la materica sottrazione. Il prefigurarsi dell’immagine ha più volte cambiato aspetto per via dei suggerimenti che il graffito stesso mi forniva in corso d’opera. Fino a giungere ad una soluzione estetica che omaggia la natura circostante, sia nella sua struttura formale – che rimanda ai non lontani calanchi –  e sia per la scelta del materiale, la sabbia di Montemurro.  Per poi giungere all’evoluzione più naturale che il graffito polistrato può avere, ovvero offrirsi allo spazio sul piano scultoreo, consentendo un nuovo e futuro dialogo ambientale a tutto tondo con la città.